In occasione dell’anniversario della morte di Alcide De Gasperi (Pieve Tesino, 3 aprile 1881 – Borgo Valsugana, 19 agosto 1954), vorrei proporre un piccolo contributo per comprendere a fondo la figura e l’azione di questo grande uomo politico, considerando in particolare i peculiari tratti della sua spiritualità quale elemento trasversale che ha segnato tutta la sua attività di statista ed ha accompagnato la sua vita intera.
La sua fede cristiana era nutrita da una costante lettura delle Sacre Scritture e dei testi dei Padri della Chiesa, in particolare di S. Agostino. Iniziava le sue giornate con la preghiera o meditando una pagina delle Scritture, e questo gli dava la forza di porsi di fronte agli avvenimenti della sua vita personale e politica, con la tranquillità di chi, pur senza mai ostentare le sue pratiche religiose, sentiva costantemente accanto a sé una presenza rassicurante e provvidente.
Quella di De Gasperi non fu, tuttavia, una fede individualistica o intimistica. Egli non visse una religiosità avulsa dalla realtà, anzi, la fede era per lui motivo ed ispirazione per la sua azione nella vita concreta. L’ispirazione agli ideali cristiani non era vissuta solo privatamente o relegata alla mera pratica religiosa, ma permeava ogni aspetto della sua vita, guidava il suo pensiero così come la sua azione. E proprio l’esigenza della coerenza tra pensiero ed azione, tra idee e comportamento, costituiva un preciso carattere del suo vivere la politica da cristiano, come confermano le parole da lui rivolte ai giovani della DC:

“Nella vita pubblica non importerà tanto quello che voi direte, ma quello che voi sarete e soprattutto che voi dimostrerete sempre una grande coerenza tra le vostre idee e il vostro comportamento, non solo nelle cerimonie e nei comizi, ma anche nella vita familiare, in quella privata, nella vita di relazione e nelle scelte di carattere politico e culturale”.

I valori portanti del cristianesimo, quali l’uguaglianza, la solidarietà, la libertà, l’attenzione agli ultimi e ai più poveri, erano il fondamento del suo impegno sociale e politico, da lui considerato come una vera e propria “missione”, quasi una “vocazione”, un costante richiamo a porsi al servizio dell’uomo e, attraverso di esso, al servizio di Dio, come lui stesso evidenzia scrivendo alla figlia Lucia da una vacanza in montagna:
“Sento bene che dovrei profittare di questo ritiro per parlare a Dio, ma le voci degli uomini mi chiamano al loro servizio; e non li servo forse in nome di Dio?”
E’ proprio da questa visione della politica intesa come servizio, maturata sin dall’età di 17 anni grazie al rapporto con il Vescovo di Trento, Celestino Endrici, che scaturisce il suo intero impegno politico. Il riferimento ai valori della tradizione cristiana giustifica, nell’attività politica di De Gasperi, il suo atteggiamento pluralista, la sua apertura al confronto con le diversità, la ricerca di ciò che accomuna piuttosto di ciò che divide, il rispetto per l’avversario mai considerato un nemico da combattere quanto piuttosto una controparte con cui confrontarsi; e tutto ciò nella prospettiva del recupero e della valorizzazione di quanto poteva concorrere alla formazione del bene comune.
Questi stessi valori ed ideali del cristianesimo si tradussero, mediante l’apporto dei cattolici costituenti, nei principi ispiratori della nuova Costituzione. Ma è bene sottolineare che nell’idea degasperiana, il deciso riferimento a tali valori non doveva esplicitarsi, come palesavano la Santa Sede ed anche alcuni frangenti del mondo cattolico, nel fondamento per la realizzazione della cosiddetta civiltà cristiana. Nei suoi discorsi, al contrario, si coglie spesso la preoccupazione di sottolineare la natura laica e non confessionale dello Stato. La sua religiosità, in effetti, non fu mai invadente rispetto al concetto di sovranità ed autonomia dello Stato, che furono il fondamento della sua fede politica.
Così egli stesso riassume la sua visione laica della politica nel tentativo di sottrarla dai rischi di una clericalizzazione, non del tutto sgradita a certi settori del mondo cattolico:
“Il credente agisce come cittadino nello spirito e nella lettera della Costituzione, ed impegna se stesso, la sua categoria, la sua classe, il suo partito, non la Chiesa”.
La salvaguardia della laicità dello Stato era affidata alla capacità di vivere il rapporto tra fede e politica in maniera coerente alle esigenze della fede e alle esigenze dello Stato. Ovviamente la ricerca di tale equilibrio non fu sempre facile e non mancò di procurargli, soprattutto con la Santa Sede, occasioni di tensione, come pure momenti di difficoltà interiore.
De Gasperi riteneva che il proprio compito di politico credente fosse quello di garantire innanzitutto la libertà e la dignità di ogni persona, lasciandosi condurre dal proprio credo, ma nel pieno rispetto delle altrui convinzioni. In tale contesto, il compito dello Stato e delle istituzioni era quello di creare le condizioni perché ciò avvenisse.
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La figura e le scelte di Alcide De Gasperi furono fondamentali nel processo di consolidamento della democrazia in Italia, seguito alla transizione dal regime fascista a quello, appunto, democratico.
Nella prima fase di questa transizione e, successivamente, con l’assunzione di responsabilità dirette nel governo del Paese, De Gasperi ha assunto il ruolo di guida politica del maggior partito di massa di tutti i tempi, la Democrazia Cristiana, mediante il quale ha saputo raccogliere gran parte del capitale sociale legato al mondo cattolico ed indirizzarlo verso le istituzioni democratiche, lontano da progetti di tipo totalitario che ancora negli anni Cinquanta sopravvivevano nel nostro Paese. Fortemente appoggiata dalla gerarchia ecclesiastica, la DC non avrebbe dovuto diventare, secondo De Gasperi, una rappresentanza delegata della Chiesa, bensì un partito capace di attrarre una molteplicità di consensi attorno ad una linea politica di tipo democratico.
Mi pare che il brano che segue, tratto dall’intervento di De Gasperi al Congresso della DC di Fiuggi nel 1949, ben si presti a chiarire il suo pensiero sul ruolo della Chiesa e sul rapporto tra fede e politica:
La Chiesa vive e si evolve nella sua sostanziale permanenza al di sopra dei partiti e dei regimi politici che passano. Si muove su un altro piano. È assurdo immaginare ch’essa diriga un partito o assuma la responsabilità di una politica interna o internazionale. Questa responsabilità, in democrazia, appartiene al Parlamento coi suoi partiti e col suo governo. Ma le decisioni responsabili vengono prese dalla coscienza personale di chi delibera e di chi governa. Questa coscienza è illuminata da una filosofia, mossa da un sentimento, ispirata da una tradizione. […] E noi non potremmo ricercare nel lievito evangelico l’impulso per una politica di fraternità e di giustizia e il senso stesso del nostro universalismo, non potremmo insomma chiamarci ed essere democratici-cristiani, senza che la nostra democrazia venga sospettata di ierocrazia o di clericalismo, cioè come una intrusione del potere ecclesiastico nel settore riservato al potere politico?”
In conclusione, lo spessore di questo uomo politico sollecita un inevitabile paragone tra il suo stile politico e l’attuale modo di fare politica. Quella di De Gasperi e della classe dirigente del suo tempo, appare una storia lontana non solo nel tempo ma soprattutto nello stile. I protagonisti, con De Gasperi, di quell’epoca politica, testimoniano come il “metodo democratico” fosse uno dei capisaldi del pensiero degasperiano, un metodo caratterizzato da un rapporto dialettico con l’avversario politico, da un sistema aperto nelle relazioni pubbliche, in cui colui che è portatore di un’idea diversa non viene annientato né delegittimato.
Oggi, invece, la cultura democratica appare di ben altro tenore: non di rado si delegittimano gli organi di garanzia, si attaccano le più alte cariche dello Stato e la Costituzione stessa, si sminuisce la centralità del Parlamento; della politica si coglie, molto spesso, l’aspetto puramente spettacolare, mentre diminuisce sempre più il senso dello Stato e della democrazia. Nonostante ciò, non di rado uomini politici che operano a livello nazionale o locale, dichiarano di volersi ispirare, nel loro pensiero e nella loro azione, proprio a De Gasperi, se non addirittura si paragonano a lui in quanto a metodo e contenuti! Al contrario, sempre maggiore appare il divario tra il metodo politico attuale e il metodo, lo stile, i contenuti, le motivazioni che stavano a fondamento dell’agire politico tipico di un tempo che è forse definitivamente perduto.
Quel che è certo è che non bastano le leggi per consolidare la democrazia e per rifondare il senso dello Stato; ciò che serve è una cultura politica diffusa, che coinvolga soprattutto le giovani generazioni che oggi manifestano, generalmente, una grave disaffezione nei confronti della politica; occorre una cultura politica che entri a far parte del costume e che arricchisca il capitale sociale presente nell’attuale società:
“Noi, Governo e Parlamento, abbiamo una responsabilità verso la nazione, quella di osservare i principi fondamentali della democrazia, che sono: legge uguale per tutti, subordinazione dei partiti al bene supremo del Paese, sforzo reciproco di trovare, ciascuno nella funzione che gli spetta e nel rispetto delle opinioni, la via per consolidare un regime di libertà, instaurando, oltre che nelle leggi, anche nel costume il metodo democratico sinceramente voluto e onestamente applicato”.
(A. De Gasperi, Dal discorso pronunciato il 1° giugno 1948 all’indomani delle elezioni del 18 aprile)
Cristina Galante
Marostica Partecipa